L’angelo in esilio dal poema
Une saison en enfer di Arthur Rimbaud tradotto da Ivos Margoni
Nell’aprile 1873, nella casa di famiglia a Roche, un giovanissimo Arthur Rimbaud iniziava la stesura della sua ‘Une saison en enfer’, un viaggio iniziatico di straniante bellezza scritto nella forma di una visionaria prosa poetica. Un testo in grado, dopo un primo quasi inevitabile insuccesso, di tracciare un solco profondo nella cultura letteraria di tutto il 900.
Un paio d’anni dopo la sua pubblicazione, Rimbaud è già altrove, nell’Africa degli hic sunt leones. Non scriverà più un rigo di poesia.
Lo spettacolo racconta del viaggio come metafora di rinascita e riscoperta, della vita del Rimbaud post poeta, il viaggiatore inquieto, l’esploratore alla ricerca di qualcosa che sembra avere a che fare con un’idea di felicità che resterà solo un pensiero, un miraggio, l’ultimo approdo a cui tendere, all’infinito.
Nicola Lotto è musicista, cantante e cantautore, oggi porta in scena le parole di Rimbaud tradotte da Ivos Margoni. Parole cantate, accennate o urlate, arrangiate con la produzione artistica di Flavio Ferri, quasi canzoni, non più letteratura. Dell’opera di Arthur Rimbaud esistono innumerevoli interpretazioni. Lo stesso vale per l’autore.
Rimbaud il poeta, il veggente, il viaggiatore, il commerciante d’armi, l’esploratore.
Rimbaud arrogante e violento, dolce, paziente, premuroso.
Rimbaud uomo bambino.
Rimbaud figlio del Sole.
Paul Verlaine che sperimentò con Rimbaud un importante sodalizio umano e artistico scrisse così: ‘
L’uomo era alto, ben fatto, quasi atletico, con un viso perfettamente ovale da angelo in esilio, i capelli castani sempre in disordine e gli occhi di un inquietante azzurro pallido’.
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